La Sala fa parte dell’ampliamento seicentesco del palazzo voluto dal Cardinal Bernardino Spada nel 1636. Il lungo e armonioso ambiente rivolto verso la via Giulia e il fiume Tevere fu concepito per dare più spazio e rilievo alla collezione d’arte che Bernardino andava progressivamente raccogliendo; progettata dall’architetto Paolo Maruscelli, la Sala assunse subito la denominazione di “Galleria di Sua Eminenza”, o “del Cardinale”.
Una sessantina di anni dopo, tra il 1698 e il 1699, il Cardinal Fabrizio Spada, pronipote di Bernardino, rinnovò l’ambiente, avvalendosi dell’opera dell’architetto Tommaso Mattei. Quest’ultimo procedette ad alcune modifiche strutturali, concernenti il lato sinistro della Galleria, ma l’aspetto della Sala cambiò soprattutto grazie al rinnovamento della sua decorazione. Essa si deve al pittore romano Michelangelo Ricciolini, che trasfigurò completamente l’ambiente con le Allegorie dei Quattro Continenti, degli Elementi e delle Stagioni del soffitto e con i finti bassorilievi monocromi che alludono alla Fortuna e alla Ricchezza. Anche il fregio in basso, ad olio su muro, raffigurante Trofei, vasi e clipei figurati concorre, assieme agli sguinci delle finestre in cui sono raffigurate Le Metamorfosi, alla piacevolezza dell’insieme.
Una serie di splendide opere, frutto del gusto e della passione dei cardinali per la pittura, è esposta in questa Sala. Tra tutte, spicca La morte di Didone, magnifica opera del 1631 del Guercino appartenuta a Bernardino Spada; il grande Festino di Marcantonio e Cleopatra di Francesco Trevisani è una commissione del 1702 del cardinal Fabrizio, che intese così proseguire l’abbellimento della Galleria. i due dipinti di Pietro Testa raffiguranti la Strage degli Innocenti e il Sacrificio di Ifigenia, esempi del “neovenetismo” intorno al 1640, sono tra i capolavori assoluti del pittore. Sulla parete opposta, il Paesaggio con caccia al cinghiale di Nicolò dell’Abate, eseguito tra il 1550 e il 1560 e Le vestali del cortonesco Ciro Ferri. Una piccola tavola con Paesaggio con mulini a vento di Jan Brughel il Vecchio è firmata e datata 1607. Esce dalla bottega di Guido Reni , per mano dell’allievo Giacinto Campana, la tela Ratto di Elena, copia dell’originale del Louvre,: il maestro bolognese intervenne in qualche parte, come dimostra l’alto livello della replica. Un unicum assoluto è il celebre dipinto di Nicolò Tornioli raffigurante Gli astronomi (1645), ispirato dalle dispute scientifiche sui sistemi astronomici. Prezioso capolavoro appartenuto a Fabrizio è il Trionfo del nome di Gesù di Giovan Battista Gaulli, il modello per l’affresco della volta della chiesa del Gesù a Roma.